Gli oggetti preziosi dei samurai: l’importanza dell’eleganza e della raffinatezza nella ricerca estrema del dettaglio prezioso, nel contesto della gestualità rituale.
In Giappone, fino al 1868, vigeva una politica fondata su un sistema centrale rappresentato dalla figura dell’Imperatore e una gestione feudale del territorio basato sul potere conferito dall’Imperatore stesso agli shogun o reggenti.
I samurai erano guerrieri attivi che combattevano per proteggere il loro shogun mettendo a repentaglio la loro stessa vita.


Essi appartenevano alla casta nobile e colta, occupavano una posizione importante all’interno della società e tutti coloro che si trovavano sotto di loro erano tenuti ad obbedirli e a rispettarli.
Nell’eseguire il proprio dovere seguivano una filosofia nota come “la via del samurai” o “bushido” codice di condotta basato sul concetto d’onore affiancato dalla fedeltà al proprio signore.
Scrive Yamamoto Tsunetomo, (1659 – 1721) militare e filosofo nel suo Hagakure, il Codice dei Samurai: “Il samurai dovrebbe essere un uomo di gusto eccellente ovvero estremamente affascinante”
LA SPADA
Il detto secondo cui “la spada è l’anima del samurai” riassume perfettamente il rapporto che legava un guerriero alla sua arma.
Il samurai veniva iniziato allo studio dell’uso della spada dall’età di cinque anni, in un continuo e costante perfezionamento.
Con un fortissimo valore simbolico, la spada era il distintivo della classe sociale d’appartenenza, uno strumento da guerra, un’opera d’arte.
Rinunciare alla propria arma era come rinunciare alla vita.
Un samurai non possedeva altra ricchezza che la sua spada portata in coppia: il katana, spada lunga ed affilatissima usata per l’esterno e il Wakizashi spada corta, usata anche come coltello per il suicidio rituale e che veniva sempre indossata. La coppia delle spade è chiamato daisho.
Le spade erano realizzate con acciaio della migliore qualità. La spada restava immersa nel calore della fornace per diversi giorni per poi essere battuta e ribattuta in modo da risultare affilata al punto di poter tagliare la testa di un uomo con un colpo solo.
Ogni spada aveva un cuore in metallo morbido avvolto da un metallo più duro i cui bordi venivano temprati fino a raggiungere la massima durezza; la lama quindi era tagliente come quella di un rasoio mentre il corpo della spada garantiva la massima resistenza e affidabilità.
La fabbricazione della spada era considerata un’operazione sacra, forgiare queste lame era un’arte, le spade migliori erano firmate e addirittura battezzate con un nome.
Ma erano le parti accessorie alla lama le vere “vanità” dei samurai.
Mentre per la guerra queste dovevano risultare essenziali e utili, in tempo di pace riflettevano la natura e l’ostentazione dei loro proprietari.
Le lame potevano “vestire” montature da guerra, da riposo, da cerimonia, è facile riscontrare montature di epoca posteriore alla lama, proprio perché suscettibili alle mode.
Il fodero (saya) ha il compito importantissimo di proteggere la lama non solo dagli urti ma anche dall’aria e dall’umidità. A tale scopo esso viene laccato facendo entrare nella costruzione dei “fornimenti” una categoria di artigiani famosi ed apprezzati: i laccatori.
La lacca che viene stesa sul legno del saya è la stessa che viene usata ancora oggi. Si tratta della linfa di una pianta (rhus vernicifera) e viene applicata a strati successivi, da un minimo di 75 strati fino ad arrivare a oltre 130.
La durata dell’essiccazione, da cui dipende la penetrazione nel legno, va dai due ai quattro anni.
Ciò basta a far capire quale importanza venga data alla protezione della lama.
Sia il fodero che l’impugnatura erano in legno di magnolia, sull’impugnatura veniva avvolta, in diversi stili, una fettuccia che aveva la doppia funzione di miglior presa e di assorbimento del sudore.
Altra parte importante della spada è la guardia (tsuba), quell’elemento di metallo che separa la lama dall’impugnatura, un disco in ferro.
Di forma circolare o quadrata era inizialmente forgiato dagli stessi armieri e forgiatori di spade, ma durante tutto il periodo Edo (1615-1867) divenne opera degli artigiani e degli orafi che si sbizzarrirono nel creare nuove leghe sempre più preziose con la superficie incisa e riccamente ornata da racconti mitologici, religiosi, rappresentazioni simboliche e naturalistiche, dei veri e propri capolavori di arte applicata.
GLI OGGETTI SOSPESI – I SAGEMONO
Giada, corallo, ambra, avorio, osso, corno, lacca, porcellana e poi ebano, magnolia, camelia, bambù, canfora, bosso, cipresso, metallo: sono questi i materiali scolpiti o incisi di cui sono fatti i netzuke, bottoni che fuoriuscivano dall’obi, fascia usata come cintura del kimono, ai quali erano appesi, per mezzo di un cordoncino di seta una serie di piccoli accessori che dovevano supplire alla mancanza di tasche dei kimono.
Questi oggetti sospesi sono chiamati sagemono o koshisage avevano una funzione pratica essendo i contenitori per tutti gli accessori utili alla vita quotidiana: portamonete, porta-medicine, custodie per pipe e tabacco, porta-sigilli, porta-profumo, completo da scrittura.
Gli inro sono delle piccole scatole da uno a sette comparti sovrapposti e tenuti insieme da una piccola corda, erano portati sul lato destro del corpo. Concepiti inizialmente come porta-medicine, divennero in seguito dei veri e propri status-symbols da esibire. Realizzati prevalentemente in lacca o in avorio la loro superficie si prestava a stupefacenti esecuzioni artistiche.


Inro firmato Yoshigawa. Periodo Edo - metà XIX sec. ©Buddha Museum - Collezione privata

Inro firmato Yoshigawa. Periodo Edo - metà XIX sec. ©Buddha Museum - Collezione privata

Inro firmato Yoshigawa. Periodo Edo - metà XIX sec. ©Buddha Museum - Collezione privata

Inro firmato Yoshigawa. Periodo Edo - metà XIX sec. ©Buddha Museum - Collezione privata

Busta e tubo per il tabacco con Netsuke di perla d’acqua dolce. XVIII secolo – ©Metropolitan Museum – New York

Inro laccato e dipinto firmato Zeshin, XIX sec. © Christie’s New York

Inro avorio di elefante periodo Meiji (1868-1912)

Inro laccato e dipinto con netzuke en suite, XIX sec. © Christie’s New York
Gli stessi netzuke avevano spesso una doppia funzione, sia pratica che decorativa, troviamo netzuke in avorio che fungevano da sigillo utilizzato per convalidare atti legali, autentiche per pitture, stampe e altri oggetti di valore artistico, altri scolpiti con i segni dello zodiaco, animali, figure mitologiche, figure religiose legate allo Shintoismo, al Taoismo e al Buddismo, altre ancora legate ai miti e alle leggende del Sol Levante.
Erano considerati anche simbolo di buon auspicio e la loro forma era prevalentemente arrotondata, evitando sporgenze o spigoli perché dovevano rispondere a particolari sensazioni al tatto e nello stesso tempo non impigliarsi nei kimono.
Realizzati in una varietà di forme e nei materiali più disparati tra cui, oltre che in avorio e in legno, anche in porcellana, in lacca e in metallo.
Sia i netzuke che i sagemono si prestarono ampiamente, dal XVIII secolo in poi, alla fantasia, estrosità e abilità dei carvers, la categoria di intagliatori ed incisori specializzati nella lavorazione dell’avorio, del legno, del corallo.

Ryusa netzuke scolpito su ambedue le facce - XIX secolo

netzuke in lacca rossa – Sec. XVIII – © Metropolitan Museum – New York

Netsuke d'avorio di bue - Scuola di Kyoto, XVIII secolo © Giuseppe Piva antiquario

netzuke in avorio attribuito al carver Ryūsa secolo XVIII – ©Metropolitan Museum – New York

Netzuke in avorio firmato Masayuki e Kao - periodo Edo XIX secolo.

gruppo di netzuke fine ‘800 © Christie’s Londra
L’EPILOGO
L’era dei samurai e la fine del dominio delle caste guerriere giunge al termine del periodo Edo, quando il vecchio sistema feudale con il suo Shogun è sostituito dal nuovo governo centralizzato dell’Imperatore Meiji che inizia un profondo programma di riforme modificando la struttura economica, politica e sociale del Paese.
I samurai perdono prestigio sociale, si trasformano in burocrati e la loro spada viene usata, ancora per poco, solo per scopi cerimoniali fino a quando, nel 1877 anno in cui tentano di rovesciare il nuovo governo, non sono più autorizzati a portare la spada in pubblico.
Bibliografia:
Thurnbull Steven – Samurai, the Story of Japan’s Noble Warriors – Collins & Brown 2004
Lanfranchi – Il netzuke un’arte giapponese– Secomandi 1962
www.japanese-sukashi-tsuba.com
©Giusy Baffi 2020 – (Pubblicato su Cose Belle Antiche e Moderne 2011 – ArteVitae.it 13 settembre 2018)
© Le foto sono state reperite, a titolo esplicativo, da libri e cataloghi d’asta o in rete e possono essere soggette a copyright. L’uso delle immagini e dei video sono esclusivamente a scopo esplicativo. L’intento di questo blog è solo didattico e informativo. Qualora la pubblicazione delle immagini violasse eventuali diritti d’autore si prega di volerlo comunicare via email a info@giusybaffi.com e saranno prontamente rimosse.
© Il presente sito https://www.giusybaffi.com/ non è a scopo di lucro e qualsiasi sfruttamento, riproduzione, duplicazione, copiatura o distribuzione dei Contenuti del Sito per fini commerciali è vietata.