21 Settembre 2019

LIA STEIN: oltre la fotografia al Photofestival 2019


In occasione della quattordicesima edizione del Photofestival, evento milanese che da aprile a giugno coinvolge un grandissimo numero di mostre fotografiche sparse per la città,  sono stata particolarmente colpita da una location intrigante  in zona Portello,  la galleria Atelier di Lia Stein, artista e fotografa.

 

 

“Fotografo per continuare a sognare” Lia Stein

Dicono che le coincidenze non esistono, eppure è stata proprio una coincidenza a farmi incontrare una donna che concentra in sé tantissime donne. Definirla fotografa sarebbe estremamente riduttivo, è un’artista a tutto campo; avete presente un vulcano che non si quieta mai? Lia è così: eclettica e vulcanica. Un vulcano di idee, un vulcano di cose da fare, un vulcano di progetti. Ed è in questo modo che la mia vita ha incrociato la sua. Casualmente, presentata da un comune amico. E’ stato un incontro particolare, negli occhi di Lia brillava una luce che trovo ormai in poca gente: la curiosità, l’empatia, un mondo interiore profondo che si esprime fotograficamente. Un caleidoscopio spesso inafferrabile.

Lia Stein, fotografa affermata da anni, non esita a raccontarmi di questa sua grande passione, iniziata all’età di 14 anni quando le fu regalata la prima macchina fotografica,  il suo primo scatto è stato proprio allora e, nonostante l’iniziale ferma opposizione della famiglia, non si è più fermata.

Fotografa professionista dal 1983, ha lavorato per numerose ed importanti testate italiane come AD, Specchio, Amica, Anna, Arte,  Antiquariato, Donna Moderna e per case editrici  del calibro di Rizzoli, Mondadori, Electa.

Ha collaborato, con le sue foto, alla pubblicazione di libri ed enciclopedie dedicate agli animali. Nonostante i suoi scatti siano finalizzati alla commissione, la  sua passione per gli animali è palese, lei riesce ad interpretare lo sguardo “umano” di queste creature, in una tenerezza empatica.

 

Ritratti, moda, arredi, animali, natura, paesaggi…  Lia ha un eclettismo fotografico d’eccellenza, sicuramente dovuto al continuo lavoro per le diverse testate, ma in ogni scatto emerge la forte personalità di questa indomabile donna.

Mi invita nel suo attrezzatissimo studio fotografico, con annessa camera oscura, poi mi mostra suo enorme archivio: locali pieni di decine di migliaia di foto, tutte catalogate, dalle diapositive ai cd. E poi, accatastate, foto in grande formato dei suoi primi lavori da fotografa indipendente, il poster della sua mostra a Palazzo Sormani “Omaggio a Gibellina” nel 1987, con un commento di Emilio Isgrò.

Ma è nella sua galleria Atelier dove trovo i lavori più emozianti, lavori già ampiamenti esposti in prestigiose mostre internazionali come nelle diverse edizioni di Photofever a Parigi, una rassegna che si tiene al Carrousel du Louvre e a Berlino, presso lnarte Werkkunst Gallery.

Scrive Roberto Mutti, storico, critico e docente di fotografia, a proposito della sua serie Pianeta Terra: “Ogni volta che l’uomo si confronta con la natura e ne viene affascinato sente la necessità di trasmettere la sua capacità di meravigliarsi del mondo. Lia Stein ci pone di fronte a fotografie cariche di uno strano senso del mistero: i suoi soggetti, isolati dal contesto, richiedono attenzione, l’insieme e i particolari perdono il senso della loro dimensione.” Roberto Mutti

Non solo aride pietre, in tutte le immagini di Lia la pietra  si trasforma in muta testimone della vita, del passaggio dell’uomo, diventa viva lei stessa.

In questa serie, Lia Stein non rimane abbagliata dall’imponenza della cava di marmo di Carrara, ma cerca il particolare, il dettaglio  e lo trova nell’anelito di vita della piccola pianta che a fatica si fa strada tra le venature del marmo, nella traccia del lavoro dell’uomo fatta dai segni del filo elicoidale usato per l’estrazione

e poi le crepe del marmo stesso che, come se fossero ferite, lei rinsalda con amore coprendole con il colore oro, secondo l’antica arte giapponese del kintsugi.

Oppure in Matera materica, una serie scattata nel 2015,  antesignana rispetto alla designazione di Matera capitale della cultura 2019, l’accento sull’architettura rupestre dei Sassi, le case, scavate nella roccia che diventano il simbolo di tutte le culture dimenticate, dove le assenze si fanno presenze: l’interno di una grotta, la pietra levigata dall’acqua oppure quello di un’antica chiesa rupestre, un punto luce, una croce e la mente ripercorre l’antica storia dei Sassi, vengono in mente le parole di Primo Levi in “Cristo si è fermato a Eboli”: “Io guardavo passando e vedevo l’interno delle grotte, che non prendono altra luce e aria se non dalla porta. Alcune non hanno neppure quella. Si entra dall’alto, attraverso botole e scalette.

“Quelle di Lia Stein sono immagini che sanno ascoltare il silenzio della terra e soprattutto accogliere la densità materica dei Sassi.[..] Queste fotografie non si limitano a rappresentare da lontano la granulosità delle pietre ma la assimilano.[..] Un paesaggio intatto, tutt’ora dotato di una forza arcaica che penetra nella pelle come un coro stratificato di voci affioranti dalla sua storia millenaria [..] se invece il ricordo e il rispetto del tempo che fu diviene l’occasione per riflettere sull’oggi e per progettare un futuro più consapevole, ecco che tutto di nuovo prende vita.” Gigliola Foschi (critico d’arte e della fotografia)

Il sentimento di Lia Stein nei confronti di Matera non si esaurisce alle semplici foto, con un suo sistema particolare applica a grandi pietre in tufo, provenienti da quel luogo unico, le foto stesse di Matera, con un lavoro di precisione certosina, l’artista dimostra la sua totale  intima partecipazione nei confronti di questa città così carica di storia e memoria.

Da vera artista, Lia Stein trova spunti fotografici ovunque, i tronchi nodosi di olivi millenari si trasformano in abbracci, in volti accostati,  in un inno alla vita.

Lia gioca sapientemente con la luce a tal punto che le assenze diventano presenze, i vuoti si riempono e così l’ombra di una finestra o quella di una fila di panni stesi inonda i muri, li abita.

La silhouette di una donna in controluce, l’immagine fugace di una ragazza che sta svoltando un angolo… sono persone che vanno o che arrivano? Lia Stein, in ogni suo scatto non si impone, ma lascia che sia lo spettatore a dare la sua personale chiave di lettura.

 

E sempre con la luce Lia riesce ad immergersi  in un minimalismo perfetto, da alta scuola, con un segno grafico, guizzante e armonioso, le piccolissime finestre rettangolari, quasi tagli di luce, della facciata metallica del museo ebraico di Liebeskin a Berlino si trasformano in  triangoli taglienti, che feriscono, in un rimando continuo tra ambiente interno ed esterno: l’essenziale è sufficiente per esprimere il tutto.

La creatività di Lia non si ferma alla semplice fotografia, usando questo potente mezzo, i suoi scatti diventano incontrastati protagonisti di elementi d’arredo, coniugati  con il design si trasformano in oggetti, lampade, tendaggi, sfondi da parete, plasmati in calde ambientazioni.

“Non mi interessa se gli altri mi copiano: l’importante è che sono stata la prima” Lia Stein

Per saperne di più: http://www.liastein.it

©Giusy Baffi 2019 (pubblicato su ArteVitae.it maggio 2019)

Ringrazio Lia Stein per aver concesso la pubblicazione delle sue foto, tutte coperte da copyright.  L’uso delle immagini è  esclusivamente a scopo divulgativo. L’intento di questo blog è solo didattico e informativo.

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