1 Settembre 2019

PREZIOSE CARTOLINE DALL’ITALIA: Micromosaico e Grand Tour


Fin dai tempi più antichi l’Italia vanta una lunga tradizione nell’arte musiva: dai  mosaici dell’antica Roma, passando a quelli bizantini che hanno in Ravenna una delle due città imperiali (l’altra era Costantinopoli) esaltandosi nella Sicilia di epoca normanna con la Cappella Palatina, attraversando il  virtuosismo musivo di San Marco nella Venezia rinascimentale per poi tornare a primeggiare a Roma nel 1700.

E’ infatti a Roma che nel 1727 viene istituito lo Studio Vaticano del Mosaico con un gran numero di mosaicisti alle dipendenze della Reverenda Fabbrica di San Pietro.

Nel 1731 Alessio Mattioli, fabbricante di paste vitree, scopre una formula a base di stucco e olio di lino che permetteva, filando gli smalti in bacchette, di preparare tessere di misura estremamente ridotta , anche inferiore al millimetro e con una vastissima  gamma di colorazioni, si parla di oltre 18.000 tonalità di colore.

Bacchette ©Cintia Orrù

Le opere in micromosaico applicate nella decorazione di oggetti personali e d’arredamento – piani di tavolo, quadretti, tabacchiere e gioielli – divennero di gran moda.

Questa produzione di lusso si diffuse presso papi, diplomatici e aristocratici. I soggetti iconografici si richiamavano alle tematiche antiche tornate di gran moda con le nuove scoperte archeologiche, ai monumenti di Roma, alla Campagna Romana, oltre che una vasta rappresentazione di animali, di composizioni floreali e personaggi.

Quasi contemporaneamente assistiamo a un’espansione del “Grand Tour”,  lungo viaggio nell’Europa continentale effettuato da eredi di nobili casate aristocratiche, spesso affiancati da meno blasonati,  ma spesso più facoltosi, figli della classe borghese. Le destinazioni principali erano la Francia, l’Olanda e la Germania,   ma l’ obiettivo privilegiato era  l’Italia con le sue principali città, Roma in particolare. Le nuove scoperte archeologiche a Ercolano, Pompei e Paestum furono un ulteriore richiamo per quella schiera  fitta e eterogenea di “turisti” stranieri. Verso la fine del  ‘700 ogni uomo di cultura europeo che si rispettasse doveva aver compiuto almeno un viaggio in Italia, paese ricco di testimonianze del passato classico e cornice di splendidi capolavori. Questo boom si protrasse fino all’’800 con il nome di Grand Tour:  termine  coniato per la prima volta nel 1670 dall’ inglese Richard Lassel nel suo libro Voyage of Italy, or a complete Journey through Italy, la prima “guida turistica” di grande diffusione che  turisti si portavano utilmente appresso.

E’ evidente che davanti a  tanto turismo di lusso e proprio per soddisfare la sua sempre maggiore richiesta di souvenirs i mosaicisti romani iniziarono a produrre  un’infinita varietà di oggetti in micromosaico estremamente raffinati,  aventi come   soggetti i luoghi famosi di Roma: Piazza san Pietro,  Fori Imperiali, Pantheon.

Già sul finire del ‘700 Piazza di Spagna e le vie adiacenti, luoghi preferiti dai viaggiatori stranieri che soggiornavano in città, si riempirono di ateliers specializzati in questa arte, tra questi quello di Giacomo Raffaelli, Nicola Roccheggiani, Nicola De Vecchis e Antonio Aguatti; persino lo Studio Vaticano nel 1795 entrò nel florido mercato cittadino con una produzione di soggetti profani. Proprio dai  mosaicisti dei laboratori dello Studio Vaticano vennero realizzati degli splendidi gioielli in micromosaico, orecchini, spille, bracciali. Tant’è che persino Goethe, nel suo “Italienishe reise” del 1786 citava: ” ……l’arte del mosaico, che agli antichi offriva  i pavimenti, ai cristiani inarcava il cielo delle loro chiese, ora si è avvilita fino alle tabacchiere e ai braccialetti…….. “.

Fortunatamente Goethe si sbagliava nel disprezzare quella serie infinita di piccoli oggetti in micromosaico, piccoli capolavori usciti da mani di artisti famosi o anonimi che, sempre più apprezzati, stanno raggiungendo notevoli quotazioni nelle attuali aste.

©Giusy Baffi 2019  (pubblicato su Cose Antiche n. 182 marzo 2008 e parzialmente su ArteVitae.it dicembre 2018)

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